La medicina distingue tra percezione e rappresentazione. La percezione è l'attività psichica che consente di cogliere la realtà e strutturarla sulla base dei dati dell'esperienza: si tratta di un' oggettivizzazione " soggettiva " della realtà fisica.
Si articola in un momento neurofisiologico (stimolazione dei recettori degli organi di senso , traduzione in impulsi elettrici e loro invio alle aree corticali attraverso le vie nervose) e in uno psicologico (la sensazione che proviene dalla periferia è confrontata con le memorie pre-esistenti).
La rappresentazione consiste invece in una riattivazione di esperienze percettive passate in assenza della stimolazione degli organi di senso.
La parola rappresentazione indica sia l'atto che il contenuto dell'operazione.
Quando ci si riferisce al contenuto si può ricorrere sia alla parola rappresentazione che alla parola immagine.
Ad esempio, se sto guardando un quadro in un museo, ho una percezione. Se dopo alcuni giorni rievoco il ricordo del quadro in sua assenza, questa è una rappresentazione.
In medicina si parla anche di:
1) immaginazione, che è l'attività psichica che associa liberamente rappresentazioni propriamente dette e/o idee, tesa alla risoluzione "creativa" di specifici problemi:
2) fantasia, che è l'attività psichica che associa liberamente rappresentazioni propriamente dette e/o rappresentazioni non reali create appositamente.
Freud si interrogò sul senso delle interpretazioni oniriche e dei sogni a occhi aperti e giunse alla conclusione che riconoscevano questa causa: le rappresentazioni oniriche pulsionali considerate proibite dal Super Io, perché contro la morale personale e sociale (di tipo prevalentemente aggressivo e sessuale), sono rimosse dall'inconscio per intervento dello stesso Super-Io e dei meccanismi difensivi dell'lo, e ciò allo scopo di salvaguardare la psiche da conflitti psichici ed emotivi che potrebbero comprometterne l' equilibrio.
Questo è invece il fine: durante il sonno, queste pulsioni che hanno a che fare con desideri immorali o inconfessabili, ma anche con altri desideri non realizzabili, si fanno strada nel sogno per un appagamento almeno parziale, allo scopo di salvaguardare l'omeostasi psichica.
Ma il Super Io, per non turbare eccessivamente il sognatore al risveglio, controlla questo "ritorno del rimosso", in modo tale che queste rappresentazioni che permettono un appagamento almeno parziale non siano chiare ed esplicite bensì abilmente mascherate e poco riconoscibili.
Questa attività inconscia dell'Io, capace di trasformare le rappresentazioni pulsionali proibite in rappresentazioni oniriche apparentemente bizzarre e confuse, consiste nel " lavoro onirico".
Il lavoro onirico si serve di specifici meccanismi: condensazione, spostamento, formazione sostitutiva, formzione reattiva. formazione di compromesso, figurabilità (= trasformazione di idee in immagini) ed elaborazione secondaria (= è un meccanismo che tende a rendere il sogno un tutto coerente e comprensibile per celare meglio il contenuto proibito). (1)
Queste scoperte aprirono a Freud una nuova affascinante prospettiva: evidentemente le rappresentazioni oniriche non erano paragonabili alle semplici rappresentazioni già note in psichiatria e in medicina e cioè alla riattivazione di esperienze percettive passate o a creazioni per scopi diversi.
Bensì erano raffigurazioni di cose che ne contenevano altre, celate e nascoste.
Quindi era possibile parlare di un "contenuto manifestò" e di un "contenuto latente" dei sogni, per cui le rappresentazioni oniriche entravano di diritto nel mondo dei Simboli, erano Simboli.
Come è stato già accennato, Freud riconobbe nelle fantasie inconsce e nei sogni a occhi aperti le stesse cause e finalità delle rappresentazioni oniriche: "sono desideri insoddisfatti le forze motrici delle fantasie"(2).
Per Freud le fantasie traevano le loro origini dall'inconscio personale e cioè dalle esperienze individuali e soggettive del paziente; la matrice e 1'ambito delle fantasie appartenevano così a una dimensione esistenziale, quotidiana e anche contingente, se pure a volte drammatica o tragica.
Nel complesso si trattava di un mondo che era potenzialmente accessibile alle qualità e possibilità scientifiche e umane del terapeuta.
I sogni e le fantasie si originavano da eventi, esperienze e desideri che appartenevano al passato del paziente e scopo del terapeuta era dedurre il significato delle rappresentazioni o immagini oniriche.
Attraverso questo metodo di interpretazione, chiamato analitico-riduttivo, era potenzialmente possibile trovare il significato di ogni rappresentazione (es. vecchia=madre, serpente=pene ecc.).
Quando J. divenne consapevole dell'esistenza delle fantasie archetipiche si rese conto immediatamente che le scoperte di Freud sui sogni e le fantasie riguardavano solo l'inconscio personale e non potevano essere estese alle immagini delle fantasie archetipiche.
Innanzitutto queste immagini erano l' espressione psicologica di una dimensione sovrastorica dell'uomo, che si trasmetteva di generazione in generazione e da tempi immemorabili.
Al contrario delle fantasie e dei sogni dell'inconscio personale, che erano più accessibili alle possibilità scientifiche e umane del terapeuta e più facilmente condivisibili perché avevano a che fare con il suo stesso mondo e la sua stessa realtà, le fantasie archetipiche esprimevano: "l'uomo come è sempre stato, non come è in questo momento" (3), cioè parlavano e raccontavano dell'uomo in tutte le sue innumerevoli potenzialità attraverso i millenni.
Ciò richiedeva al terapeuta particolare cautela e attenzione e "un tentativo di comprendere le motivazioni e le strutture del pensiero da un punto di vista più ampio..." che J. chiamò "ermeneutico" (4).
J. descrisse le caratteristiche fondamentali del metodo ermeneutico, secondo cui ad es. i simboli di un sogno possono essere interpretati:
- in primo luogo, invitando il Paz. ad associare, per quanto possibile, i simboli stessi ad altre rappresentazioni, ricordi ed eventi personali significativi
- in secondo luogo proponendo al Paz. stesso altri simboli che appartengono al patrimonio spirituale e culturale umano, e che l'analista conosce e ritiene possano contribuire ad illuminare ed ampliare il percorso interpretativo. (5)
Attraverso questo procedimento il simbolo iniziale viene ampliato e arricchito, finché ne risulta un quadro altamente complesso e poliedrico.
Traggono da ciò origine determinate linee psicologiche di sviluppo, di natura individuale e "collettiva"(6).
Al terapeuta che vuole approfondire un approccio analitico di questo tipo si richiedono una formazione e un aggiornamento che non si limitano alle scienze medico- psichiatrica e psicologica, ma vanno oltre, coinvolgendo a pieno titolo lo studio dei miti e delle religioni.
J. infatti, dopo anni di scrupolose ricerche, si era convinto che i miti erano alimentati dalle fantasie archetipiche: "è cosi che sorgono i miti" (7).
Questo metodo di interpretazione che si avvale di "paralleli mitici, storici e culturali al fine di chiarire e ampliare il contenuto metaforico del simbolo onirico" (8) fu chiamato da J. "amplificazione" (9).
Un' altra differenza importante tra le fantasie dell'inconscio personale e le fantasie archetipiche è che mentre le prime traggono origine da eventi, esperienze e desideri del passato del paziente, le seconde hanno a che fare col suo presente e futuro.
J. aveva constatato con meraviglia e in più di un'occasione che quando alcuni pazienti erano alle prese con problemi quotidiani apparentemente irrisolvibili, le immagini simboliche delle fantasie archetipiche provenienti dall' inconscio collettivo, irrompevano creativamente nella dimensione storica, contingente e soggettiva del paziente, suggerendo una soluzione insperata e imprevedibile o generando un processo di trasformazione di cui era possibile cogliere l'inizio, ma intuire solo vagamente l'esito conclusivo, che poteva anche rimanere avvolto in un alone di mistero sia per il paziente che per il terapeuta.
Cosi J. riconobbe alle immagini simboliche delle fantasie archetipiche una diversa dignità rispetto a quelle dell' inconscio personale.
"ogni fenomeno psicologico è un simbolo se si suppone che esso affermi o significhi anche qualcosa di più e di diverso che si sottrae alla nostra coscienza. Questa supposizione è senz'altro possibile ovunque vi sia una coscienza orientata verso ulteriori possibili significati delle cose" (9).
Nel complesso il simbolo che si origina delle fantasie archetipiche, si manifesta con una sua "realtà" concreta e vitale e se da un lato si rivela immediatamente mostrando alcuni aspetti di se, dall'altro nasconde e prelude qualcosa d'altro, ancora in divenire, misterioso ed enigmatico e che può coinvolgere la coscienza in nuove insperate progettualità e aperture spirituali ed esistenziali.
L'Incontro con una dimensione simbolica di questo tipo può costituire un'esperienza fortemente creativa per la coscienza, creando un "ponte" fecondo con l'incoscio e con il mondo esterno, visto sotto una nuova luce più pregnante e coinvolgente.
Un esempio molto indicativo in tal senso ci può essere offerto, ad es. dalla Parola dei Profeti dell'Antico Testamento, rispetto al futuro avvento del Messia, annunciato ma non ancora pienamente rivelatosi (10).
L' immagine simbolica archetipica è portatrice di un senso e di significati ulteriori che
richiamano la coscienza ad un processo di mutamento e trasformazione che coinvolge la psiche nella sua totalità, purché, vi sia da parte della coscienza stessa una sensibilità e una disponibilità ad un incontro così pregnante e avvolgente (11).
Bibliografia
(1) J.Bergerè "Psicologia Patologica" Masson 1999 pp 91-91
(2) Sigmund Freud "Il poeta e la fantasia" 1908 in Opere di Sigmund Freud Vol. V edizione Boringhieri, Torino, 1972 pp 145 - 153
(3) Carl Gustav Jung "Sull'incoscio" 1918 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. X tomo primo edizione Boringhieri, Torino, 1985 p 9
(4) L.Frey Rohn "Da Freud a Jung" 1984 p 92 Cortina Editore
(5) Carl Gustav Jung "Punti di massima per il trattamento dell'identità collettiva" 1916 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. VII edizione Boringhieri, Torino, 1987 pp 294 - 295
(6) Ibidem
(7) Carl Gustav Jung "Energetica psichica" 191928. in Opere di Carl Gustav Jung Vol. VIII edizione Boringhieri, Torino, 1983 p 47
(8) A. Samuels "Dizionario di Psicologia Analitica" 1987 p 9 Cortina Editore
(9) Carl Gustav Jung "Definizioni" 1921 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. VI edizione Boringhieri, Torino, 1979 pp 483 - 485
(10) J.Vidal "Sacro, Simbolo, Creatività" 1992 p 37 Jaka Book
(11) U.Galimberti "Dizionario di Psicologia" 1992 p 879 Utet