Intervista sul Genesi

Intervista sul Genesi, la Creazione Biblica e i Miti a Padre Bruno Pennacchini Docente di Esegesi Biblica all’Istituto Teologico di Assisi

DOMANDA N°1
La creazione del mondo del libro biblico della Genesi, in che cosa si differenzia rispetto ai miti di creazione delle altre culture del tempo?

RISPOSTA ALLA DOMANDA 1
Per rispondere alla tua domanda, bisogna fare prima chiarezza sul "senso del mito"; da qui infatti ne deriva la chiave interpretativa.
1. Il mito non ha nulla a che vedere con la favola. Questa infatti è spesso solo esercitazione della fantasia, senza la pretesa di significati esistenziali. Talvolta la favola intende "insegnare" qualcosa di etico - morale. Quando la favola va oltre, invade già il campo del mito. 2. Il mito è una forma espressiva diversa e complementare da quelle della logica formale, che veicola un pensiero sulle domande primordiali dell'uomo: la sua origine, i suoi destini, i suoi rapporti con l'altro, con il mondo circostante, con la vita, con l'Assoluto. Esso non si oppone, né è alternativo al pensiero scientifico, che coglie aspetti diversi della realtà 3. Il valore del mito è essenzialmente antropologico, nel senso che esso nasce da domande intorno all'uomo ed ai suoi rapporti. Per cui anche quando esso affabula attorno agli dei, alla natura, a mondi fantastici, la domanda sottesa è sempre: chi sono io? Donde vengo? dove vado? Quali rapporti ho con la terra, le stelle, il cielo, il mare, gli animali, le piante la vita?…Che vuol dire l'esperienza dolorosa e gioiosa della nascita? E' possibile sciogliere l'enigma della morte? Anche le antiche cosmografia del vicino oriente antico erano orientate a rispondere ad un problema antropologico. 4. L'antico mito si interessa sempre al particolare concreto, attorno a cui nascono domande. Non bisogna pertanto aspettarsi risposte di carattere universale. Il mondo dei Sumeri - ad esempio - era condizionato e in qualche modo anche delimitato dai due grandi fiumi, Tigri ed Eufrate. Per questo essi cercavano di capire quale era la loro origine non solo fisica. La collocarono nel metatempo e nel metaspazio: gli occhi lacrimosi del cadavere del mostro Tiamat, uccisa in combattimento da Marduk. Ciò premesso, vengo alla domanda.Tra i primi capitoli della Genesi ci sono legami culturali e letterari con alcune somiglianze e profonde differenze. Legami culturali I cristiani e gli ebrei credono che la bibbia sia un libro attraverso il quale Dio ha parlato agli uomini "alla maniera umana". La frase virgolettata vuol dire che si tratta di uno scritto legato al linguaggio proprio degli uomini, alle sue problematiche, categorie culturali, ai modi di esprimersi che gli sono propri. Tutto questo si attua solo in maniera storica. Né poteva essere diversamente. In caso contrario i contemporanei degli scrittori biblici non avrebbero compreso nulla. La lettura attenta dei racconti della Genesi e dei miti pagani mostra che le domande fondamentali sull'uomo e sui suoi rapporti con quanto lo circonda sono comuni agli uni ed agli altri. Legami letterari L'archeologia e la critica letteraria, in circa un secolo di attività specifica, hanno permesso di scoprire il mondo letterario del vicino oriente antico; mondo a cui appartiene culturalmente anche la bibbia. [sp]Si consiglia la lettura di J.PRITCHARD, Ancient Near East Texts relating to the Old testament (ANET) Pinceton 1969; AA.VV. L'Antico Testamento e le culture del tempo, Roma (Borla) 1990[/sp]L'analisi comparata delle diverse letterature ha rilevato numerosi punti di contatto fra la letteratura biblica e le letteratura dell'ambiente di cui stiamo parlando: immaginario collettivo, forme linguistiche, generi letterari. Ad es. lo schema settenario (6 1) è comune a tutte le letterature del Vicino Oriente Antico. Sotto questi punti di vista, i due mondi si somigliano profondamente, al punto che ciascun o dei due può aiutare la comprensione all'altro. Differenze Al di là di queste innegabili somiglianze, dobbiamo rilevare anche profonde differenze, che riguardano soprattutto i contenuti. La fondamentale differenza sta fra la visione monoteistica della realtà propria della bibbia e quella politeistica dell'ambiente circostante. Tale visione fa parte dell'esperienza fondamentale di Israele, che lo rese un fenomeno culturalmente inspiegabile nell'ambiente. Mentre i personaggi più o meno fantasiosi che popolano il mito erano considerati dalle cultura dell'ambiente altrettante divinità o forze della natura divinizzate, per l'antico Israele l'unico Vivente, Creatore e Dominatore del tutto secondo la Genesi è Dio. Gli altri elementi, anche quando portano nomi che richiamano etimologicamente personaggi dell'ambiente pagano, sono considerati creature, totalmente vinte e sottomesse all'unico Creatore Un'altra profonda differenza si manifesta nell'atteggiamento radicalmente demitizzatore della bibbia. Ciò vuol dire che mentre il libro della Genesi condivide con l'ambiente il linguaggio tipico dei miti, ne rifiuta incondizionatamente la mitologia. Demitizzare per i testi biblici significa considerare decisamente "laico" e mondano ciò che l'antico mito considerava sacro e divino. L'abisso, il firmamento, le tenebre….non sono considerate né divinità, né semidei, ma forze della natura, dipendenti dal volere del Creatore.

DOMANDA N° 2
Chi è stato l'autore del primo capitolo della Genesi? Quale genere letterario adottò? Quale la sua formazione, i riferimenti culturali, il suo immaginario e gli interlocutori a cui si rivolgeva?

RISPOSTA ALLA DOMANDA 2
Anche qui è necessaria qualche premessa. La tua è una domanda ha a che fare con la critica letteraria. Come molti altri testi dell'antichità, anche il Genesi ha avuto una lunga storia orale, prima di essere messa in scritto. Lo stesso testo scritto ha avuto una sua lunga storia, prima di approdare alla forma definitiva che conosciamo. Anche il primo capitolo di questo libro ha subito sorte analoga al resto del libro. Questa premessa permette di rendersi conto che la domanda sull'autore del testo in parola non può che avere risposte articolate a domande altrettanto articolate. Da dove provengono i suoi materiali compositivi? Quale fu la storia della loro trasmissione orale? Chi fu il primo redattore? Chi è il redattore attuale? E' estremamente difficile poter delineare la storia delle tradizioni letterarie orali e delle eventuali redazioni che hanno preceduto quella attuale. Quanto alla redazione presente, gli studiosi sono concordi nell'attribuirla ad un autore della corrente sacerdotale, che ha fatto di questo capitolo il prologo di una sua storia della salvezza. Viene convenzionalmente chiamata corrente sacerdotale una "scuola di pensiero" che faceva capo al sacerdozio del tempio di Gerusalemme. Dal momento che non era più possibile recarsi al Tempio di Gerusalemme, si mette l'accento sul Sabatocome tempo consacrato a Dio e sulla circoncisione come segno di appartenenza a Israele. Una vita religiosa è dunque ancora possibile: consiste nel creare una comunità, sotto la guida dei sacerdoti, dove il posto dato alla proclamazione della parola di Dio, ricopre il ruolo un tempo affidato al Tempio. Vivendo in terra straniera, si cerca di comprendere il disegno di Dio; a questo scopo si integra la storia di Israele con una storia più ampia, quella di un'umanità, in cui Dio è presente a tutti. La rilettura della storia passata del popolo e la meditazione delle promesse di Dio permettono di pensare che la promessa di Dio non è andata distrutta con la catastrofe del 587. La storia passata gettava una luce sugli eventi attuali. Dietro quest'opera di sintesi trapela il ruolo dei sacerdoti di Gerusalemme, che seppero fronteggiare una situazione inedita. Essa è percorsa da una fede ed una speranza, che non possono essere mascherate dallo stile letterario in genere stringato e dall'importanza data ai problemi legati al culto. Un giorno Dio ristabilirà il suo popolo nella terra santa, attorno al Santuario ricostruito; allora Israele celebrerà di nuova la liturgia in tutto il suo splendore.

DOMANDA N° 3
Il libro della Genesi inizia, dicendo: Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque". Che significa che la terra era informe e deserta? Che cosa sono le tenebre e lo abisso? Dove si collocano rispetto al "cielo" e alla "terra"? Dato che non è pensabile che Dio compia azioni senza una motivazione profonda, che senso aveva il suo "aleggiare sulle acque"? E infine, perché ad aleggiare sulle acque non è Dio ma il suo spirito?

RISPOSTA ALLA DOMANDA 3
Anche in questo caso bisogna premettere qualche considerazione preliminare. Come si sa, ogni traduzione è un tradimento. Questo è particolarmente vero quando si tratta di opere letterarie di grosso spessore. Infatti non è mai possibile trasporre totalmente in altra lingua tutte le risonanze espresse dall'autore nella lingua originale. E' necessario accontentarsi di poterlo fare con buona approssimazione. Il lettore poi deve essere avvertito che si tratta appunto di traduzione. Questo è tanto più vero, quando le due lingue appartengono a civilizzazioni e contesti culturali distanti, come nel caso dell'italiano e l'antico ebraico. Nel brano in questione è particolarmente evidente che le traduzioni possibili non possono che essere approssimative. Questo spiega il possibile moltiplicarsi delle traduzioni; quella dell'ebreo francese A. Chouraqui si propone di portare il lettore il più vicino possibile alla letteralità del testo originale. I primi problemi di traduzione sorgono a proposito dei due predicati riferiti alla terra: informe e deserta:tohu e bohu nel testo ebraico originale. I due termini si riallacciano lontanamente all'ambiente culturale mitologico da cui derivano e sono di difficile traduzione. Ma l'autore biblico li utilizza per designare in maniera pregnante una realtà indifferenziata, priva di vita e della presenza dell'uomo: il deserto, con tutte le sue risonanze simboliche, il caos Collegato a questi due termini, si parla dello abisso. Il termine ebraico corrispondente è tehom. In qualche passo biblico (cfr. Geremia 49,25 e Deuteronomio 33,13) esso appare personificato. Ciò sembra rimandare all'oceano mitico primordiale, fatto di acque salate, che nelle cosmografie del vicino oriente antico, si chiamatiamat, con cui la parola ebraica tehom, potrebbe avere delle affinità filologiche. Nell'immaginario cosmografico fu identificato con l'oceano sotterraneo, da cui poi scaturiranno fiumi e sorgenti. Nel nostro testo l'abisso/tehom è considerato come una massa acquosa, amara, primordiale che avvolgeva la terra. Esso era rivestito a sua volta di tenebra, concepita non come privazione di luce, ma come sostanza tenebrosa a se stante, componente del essenziale del caos. I cieli e la terra di cui si parla subito prima, costituiscono come una sorta di incipit, non solo del capitolo, ma di tutto il libro della Genesi. Tradotto molto liberamente, potrebbe suonare così: "la storia ebbe inizio quando Dio creò l'universo". (L'espressione cieli e terra costituisce una figura letteraria detta polarismo.) Non sembra esserci pertanto un rapporto formale, diretto con gli elementi sopra nominati. Lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. L'espressione, di non facile comprensione, è ricca di risonanze teologiche e letterariamente apre alla successiva attività creatrice di Dio. Sul piano strettamente filologico, essa rimanda al mondo delle antiche mitologie; ma l'autore biblico, depurandole di ogni traccia di politeismo, ne fa il veicolo di significati del tutto nuovi. L'espressione potrebbe, a rigore, essere tradotta vento fortissimo, turbinoso, caotico. Esso, insieme a gli altri elementi cosmici accennati più in alto (tohu, bohu, tehom, tenebra) sarebbe una componente del caos primordiale. Ma il contesto attuale spinge a comprendere l'espressione non come elemento cosmico, ma come realtà divina. Nel testo attuale, l'autore biblico concepisce lo spirito di Dio o soffio di Dio in stretto parallelismo con laparola divina, ( l'alito umano non rende forse possibile articolare la parola?) Nel seguito di questo primo capitolo del Genesi, la parola/soffio è la forza creatrice di Dio. L'autore sacro concepisce il processo creativo dei sei giorni come un intervento del comando divino, che procede dall'alto verso il basso, agendo successivamente sulle tenebre, sulle acque e sulla terra. Il soffio divino che volteggiava sulle acque entrò in azione come parola imperante e cominciò a far risplendere la luce, delimitando la tenebra che copriva l'Oceano. Con un successivo comando, Dio separerà, con un "soffitto", le acque superiori da quelle inferiori; poi tutte le acque Dio separerà dalla terra ferma, creando così i mari. Da ultimo la parola/soffio trasformò la terra, che era tohu e bohu, in un giardino ricco di vegetazione e abitata da animali e uomini. La bibbia altrove canterà: "Egli ha parlato e le cose furono fatte; ha comandato e furono create" (Cfr. Salmo 33,8).

DOMANDA N° 4
Oggi la Chiesa Cattolica come concilia la Creazione con l'Evoluzione?

RISPOSTA ALLA DOMANDA 4
Anche in questo caso bisogna premettere alcune precisazioni. Sebbene le culture correnti avvertono i due termini come alternativi fra loro, in realtà essi non lo sono; anzi l'evoluzione può essere un modo molto interessante di intendere la creazione. Ma andiamo con ordine. Per moltissimo tempo la convinzione dominante, fino alla fine del secolo XVIII, è stata quella di un mondo vivente originato da una creazione istantanea, cui si associava la fissità delle specie viventi. Nelle religioni sono esistite ed esistono ancora varie interpretazioni di una creazione posta all'origine del mondo. La Genesi ne propone una centrata su di un Creatore unico, sorgente di ogni esistenza e di ogni vita, dalla cui volontà creatrice hanno origine tutti gli esseri conosciuti, classificati in un certo ordine, secondo il loro grado di perfezione. Essa non si preoccupa di spiegare quale siano state le modalità del processo creativo. La riduzione della creazione ad un creazionismo istantaneo è frutto di una lettura superficiale ed ingenua delle immagini bibliche, come abbiamo già osservato. Secondo il pensiero dei teologi cristiani, il Creatore non è solo colui che agisce in un istante iniziale, ma piuttosto l'Essere la cui volontà creatrice fa esistere ad ogni istante ogni altro essere. Colui che guida la storia dell'universo e degli uomini. Questo non deve essere necessariamente immaginato come una serie indefinita di interventi specifici e quasi meccanici del Creatore, ma piuttosto come frutto della sua presenza vivificante, che sostiene e riempie il tutto. Il concetto cristiano di creazione è quindi un concetto in qualche modo relazionale. Vale a dire: c'è un rapporto di dipendenza fra il mondo dell'esperienza empirica e l'Assoluto, da cui esso deriva. Nel concetto di creazione non è incluso il modo secondo cui le varie realtà sono venute all'esistenza. In questa ottica, la possibilità dell'evoluzione biologica e dell'evoluzione dello stesso universo, qualora fossero dimostrate, possono essere guardate come l'insieme delle modalità secondo cui è avvenuta la creazione. Già S. Agostino, verso la fine del quarto secolo dopo Cristo, affermava che il Creatore potrebbe aver seminato, fin dall'inizio, un sistema di informazioni, ( rationes seminales ) secondo cui le creature si riproducono e si sviluppano. In tempi moderni la questione dell'evoluzionismo fu presa in esame dal papa Pio XII nel 1950 e ne trattò nell'enciclica "Humani Generis" Una parola sintetica e decisiva è stata detta dall'attuale pontefice Giovanni Paolo II e di ciò ritorneremo a parlare in seguito. .