Il Simbolo Divino in Carl G.Jung

Es 33,20
" Tu non potrai vedere il mio volto "
Gv 1,18
" Dio nessuno l'ha mai visto "
1 Tm 6,l6
" Il solo che possiede l'immortalità, che abita una luce inaccessibile; che nessuno fra gli uomini ha mai visto ne può vedere, a Lui onore e potenza per sempre "


Questi passi dell'Antico e del Nuovo Testamento sembrano suggerire che all'uomo terreno è preclusa la possibilità di una conoscenza diretta di Dio.
All'uomo è dato di incontrarsi con Dio solo attraverso le Sue manifestazioni e rivelazioni, che, secondo il Cristianesimo, raggiungono il loro apice e il loro compimento in Gesù Cristo.
Nell'esperienza religiosa dell'uomo non può quindi non porsi una distinzione tra " Dio " e le Sue modalità di manifestazione/rivelazione; il che, nei termini propri alla psicologia analitica, significa distinzione tra " Dio " e " Immagine di Dio ".
Per Jung questa considerazione è il fondamento di ogni discorso e riflessione sul simbolo divino.
Egli è convinto che uno degli errori più gravi che può commettere chi parla a Dio o parla con Dio o di Dio, dal semplice fedele fino al teologo più colto, è di non avere la giusta consapevolezza che non ci si rivolge a Lui in persona, quanto ad una immagine di Dio di cui ciascuno di noi, volente o nolente, è portatore; presumere una identità di sovrapposizione tra la nostra Immagine di Dio e Dio stesso è quanto di più ingenuo ci possa essere.
Nella lettera al pastore William Lachat del 27 Marzo l954, Jung, che ha compiuto 79 anni, così scrive:
" Tutti parlano di Cristo. Ma chi è questo Cristo? Se parlo con un sacerdote cattolico o anglicano so cosa intendo. Ma se parlo con un pastore della Chiesa Riformata, può essere che Cristo sia la Seconda Persona della Trinità e Dio nella sua interezza...
Di chi parla Martin Buber, quando ci rivela il suo intimo rapporto con " Dio " ? Di Jhwhè?
Della Trinità antica o della Trinità moderna...?
Oppure del Dio un po' nebuloso del protestantesimo?
Pensa davvero che qualcuno, chiunque esso sia, possa evocare la presenza di una di queste Sacre Persone pronunciandone solennemente il nome? O posso solo constatare che qualcuno ha evocato una immagine psichica, ma mi è impossibile confermare la reale presenza dell'essere che è stato invocato.
Si invocano in primo luogo delle immagini " ( Carl Gustav Jung "Lettera al pastore W.Lachat" 1955 in Opere di Carl Gustav Jung Vol .XVIII edizione Boringhieri, Torino, 1993 p 376)
Da questo passo di Jung sorgono necessariamente alcuni interrogativi cui è importante cercare di rispondere:
Che cosa intende Jung quando parla di " immagine psichica "?
Senza nulla togliere alla ricchezza e complessità della idea di immagine nel pensiero di Jung, si può sinteticamente e ragionevolmente sostenere che egli considera la " immagine psichica " una manifestazione psichica di carattere simbolico.
Ma allora perché Jung ha introdotto la parola " immagine "?
Non era sufficiente utilizzare la parola " simbolo "?
In realtà quando Jung parla di " immagine psichica " fa riferimento a simboli psichici di importanza elettiva e non ai simboli psichici globalmente intesi.
Nella sua esperienza di medico psichiatra e di studioso della psiche, Jung aveva osservato un numero molto elevato di casi clinici; da un punto di vista empirico aveva constatato che nelle fantasie ad occhi aperti, nei sogni e nelle visioni dei suoi pazienti si presentavano due diversi tipi di simboli psichici:
1) un primo tipo di simboli
che era riconducibile alle esperienze personali del soggetto, ai suoi ricordi, ai luoghi e le persone che aveva conosciuto e incontrato, alle aspirazioni, i drammi e le tragedie che aveva vissuto e ai suoi desideri proibiti e irrealizzati, di cui non era consapevole o che rifiutava a livello cosciente.
Questo livello psichico, che si situava al di là della coscienza, era stato chiamato da Freud "Inconscio Personale "; scopo del terapeuta era portare alla coscienza del paziente i contenuti inconsci di questo tipo, in specie quelli che erano fonte di disagio psicologico e di sofferenza, al fine di una loro consapevolizzazione e integrazione cosciente, per un migliore equilibrio psichico e qualità della vita.
Jung aveva accolto pienamente la nozione freudiana di " Inconscio Personale " e la utilizzava quotidianamente nella sua attività di medico psichiatra.
2) un secondo tipo di simboli
che emergevano sempre da sogni, visioni, fantasie ad occhi aperti dei pazienti; al contrario dei primi,erano difficilmente riconducibili alle proprie esperienze soggettive.
Presentavano inoltre alcune caratteristiche peculiari:
- erano osservabili, con caratteristiche molto simili, in uomini tra loro diversi per cultura, continenti ed età.
- non ricorrevano solo nei sogni, fantasie e visioni dell'uomo contemporaneo, ma erano presenti anche in sogni e visioni tramandati dalla storia e da epoche remote, riguardanti uomini e culture tra loro distanti e diversissime.
- ricorrevano, inoltre, con non poche rassomiglianze, nei simboli delle religioni e dei miti orientali e occidentali.
- quando si manifestavano, potevano anche incidere profondamente nella psiche del soggetto, lasciando impronte indelebili e apportando significativi mutamenti nella coscienza; su quest'ultimo aspetto, importantissimo, ritorneremo tra breve.
Di fronte a questa rilevante osservazione empirica, Jung tentò di formulare una ipotesi che potesse spiegare coerentemente il materiale così raccolto, anche grazie al riemergere di ricordi legati ad una sua esperienza della fanciullezza.
Partendo dal dato oggettivo che questi simboli erano indipendenti dalla esperienza personale e che esistevano nella psiche e nella cultura dell'uomo da tempi immemorabili e in continenti diversi, Jung ritenne ragionevole ipotizzare quanto segue:
partendo dal dato oggettivo che questi simboli erano indipendenti dalla esperienza personale e che esistevano nella psiche e nella cultura dell'uomo da tempi immemorabili e in continenti diversi, Jung ritenne ragionevole ipotizzare quanto segue.

I) Primo Interrogativo:
Da dove provengono dunque queste fantasie che non scaturiscono dall'inconscio personale, ossia dalle esperienze della vita individuale?

Senza dubbio esse provengono dal cervello: più precisamente non da tracce mnesiche personali, ma dalla " struttura ereditaria del cervello " (Carl Gustav Jung "Sull'inconscio" 1908.. in Opere di Carl Gustav Jung Vol. X tomo primo edizione Boringhieri, Torino, 1985 p 9).
Jung precisò che non erano le immagini simboliche in se per se a essere trasmesse ereditariamente, ma la possibilità di una loro rappresentazione:
" non si deve pensare che... siano rappresentazioni ereditarie. Non si tratta di questo, ma di possibilità rappresentative innate, condizioni a priori della immaginazione...paragonabili, ad es. alle categorie kantiane. Tali condizioni innate non forniscono i contenuti, ma modellano i contenuti "
(Carl Gustav Jung "Sull'inconscio" 1908 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. X edizione Boringhieri, Torino, 1985 p 10).
Jung concluse quindi per la esistenza non solo dello " Inconscio Personale ", ma anche per la presenza di un altro livello psichico, costituito da " possibilità di rappresentazioni " ereditariamente trasmesse e che chiamò " Archetipi "; l'insieme complessivo degli " Archetipi " costituiva a sua volta lo " Inconscio Collettivo ".
Gli Archetipi potevano rimanere semplici possibilità rappresentative o manifestarsi attraverso le "Immagini Archetipiche ", che si rivelavano alla coscienza in sogni, visioni o fantasie (Jung elaborò su di se una tecnica cosciente per favorire il manifestarsi di tali immagini archetipiche, che chiamò " Immaginazione Attiva ").
Jung descrisse tre caratteristiche fondamentali delle Immagini Archetipiche:
1. il carattere inconscio nel senso della loro origine dall'lnconscio Collettivo
2. l'autonomia: esse si manifestavano in modo del tutto indipendente e autonomo dalla coscienza, volontà e, persino, cultura del soggetto. Per esprimere meglio questo punto di vista Jung si ricordi la frase del Vangelo di Giovanni 3,8: "il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene e dove va".
3. la numinosità: con questa parola Jung voleva sottolineare che tali immagini potevano esercitare sulla coscienza e sulla volontà del soggetto una grande influenza.
E ciò per la loro intensità, e cioè per l'energia, la forza che possedevano, e la loro estraneità, e cioè la profonda diversità e novità, rispetto alle normali esperienze della coscienza e della quotidianità.
Tale diversità e novità consistevano essenzialmente nel fatto che le immagini in questione, erano, a volte, dotate di una saggezza e lungimiranza straordinarie, in grado di illuminare la coscienza verso nuove conoscenze ed esperienze, ma anche di atterrirla e sconvolgerla!
A volte tali immagini potevano presentarsi in un modo personificato.
L'esito dell'incontro tra l'Immagine Archetipica e la coscienza poteva essere duplice:
- la coscienza ne era arricchita, nel senso che da questo incontro scaturiva un processo di trasformazione che ne allargava gli orizzonti e le mete, rivelando una nuova e pregnante progettualità esistenziale
- la coscienza ne era disorientata, fino alla possibilità di scissioni vere e proprie o, addirittura, di una frammentazione/disintegrazione della coscienza stessa.
Naturalmente, erano possibili tutte le gradazioni intermedie di queste due possibilità.
Queste conseguenze sulla coscienza, erano, ovviamente, il risultato empirico della osservazione di numerosi casi clinici; Jung ci ha lasciato molti esempi del genere nelle sue opere e per chi volesse approfondire l'argomento si consiglia la lettura del Vol. 5 " Simboli della Trasformazione " e del Vol. 6 " Tipi Psicologici ".
La parola numinosità derivava da " numinosum ", così definito da Jung:
" Un' essenza, o energia dinamica non originata da alcun atto arbitrario della volontà. Al contrario, questa energia afferra e domina il soggetto umano, che ne è sempre la vittima piuttosto che il creatore. Il numinosum, qualunque ne sia la causa, è una condizione del soggetto indipendente dalla sua volontà "( Carl Gustav Jung "L'autonomia dell'inconscio" 1938/1940 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. XI edizione Boringhieri, Torino, 1979 p17)
Anche R. Otto aveva parlato del " numinosum " in tal senso.
Ritornando all'interrogativo iniziale, quando Jung parla di " Immagine Psichica " si riferisce in modo elettivo a questo concetto di Immagine Archetipica dell'Inconscio Collettivo.
Una immagine quindi, che non è riconducibile alle esperienze personali e soggettive del paziente, ma che scaturisce dal profondo della psiche e che è portatrice di una sua autonomia e peculiarità. Jung era convinto che, almeno in alcune occasioni, l'Immagine Archetipica potesse presentarsi in un modo personificato e riteneva che la Immagine Archetipica personificata più importante fosse la " Imago Dei ", la Immagine Divina!

II) Secondo interrogativo:
Si è visto:
- che le " Immagini Psichiche " per eccellenza, cioè le " Immagini Archetipiche " sono completamente indipendenti dalla coscienza e dalle esperienze personali del soggetto
- che possiedono, oltre al carattere inconscio, autonomia e numinosità e possono condurre a mutamenti radicali della coscienza e volontà
Dunque, con tali premesse, che possibilità vi sono, per la coscienza, di interpretare in modo esaustivo e completo la valenza simbolica di tali immagini?

La risposta è quasi scontata:
praticamente molto poche, dato che il soggetto non ha accesso a tali immagini, per giunta non rientrano nelle sue esperienze dirette e quotidiane e, quando si manifestano, la coscienza, volente o nolente, le subisce, confusa, a volte sconvolta o ammirata.
Inoltre possono anche manifestare una profondità e saggezza, o una misteriosità a volte caotica o terrificante, che sembrano perdersi nella notte dei tempi e che travalicano di gran lunga i limiti della conoscenza umana, della dimensione del quotidiano e del reale.
Ecco perché Jung considerava tale " Immagine Archetipica " come il " Simbolo " per eccellenza, che più di ogni altro metteva in scacco e in discussione le facoltà del terapeuta, ma che, al contempo, costituiva la migliore esperienza interpretativa ed ermenutica possibile!
Si comprende così la cautela e l'umiltà di Jung nel definire il Simbolo:
" Il simbolo non è ne allegoria ne segno (semèion), ma l'immagine di un contenuto che trascende la coscienza " (Carl Gustav Jung "Inno al creatore" 1952 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. V edizione Boringhieri, Torino, 19 p 87); " ogni prodotto psichico può essere concepito come simbolo, sempre che esso sia la migliore espressione possibile in quel determinato momento per un dato di fatto sino ad allora sconosciuto o conosciuto solo in parte... ogni fenomeno psicologico è un simbolo, se si suppone che esso affermi o significhi anche qualcosa di più e di diverso che si sottrae alla nostra conoscenza.
Questa supposizione è senz'altro possibile ovunque vi sia una coscienza orientata verso ulteriori possibili significati delle cose " Carl Gustav Jung "Definizioni" 19 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. edizione Boringhieri, Torino, 1921 pp 483 - 485).
Al fine di rendere più chiaro questo concetto junghiano di immagine simbolica archetipica, ecco alcuni passi di Jung sull' Archetipo dello Spirito, con alcuni riferimenti allo Spirito Santo del Cristianesimo:
" Sotto l'aspetto psicologico il fenomeno dello spirito...appare come una intenzione dell'inconscio, superiore o almeno collaterale alla coscienza dell'Io "(Carl Gustav Jung "Spirito e vita" 1926 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. VIII edizione Boringhieri, Torino, 1983 pp 360 - 361).;circa tale intenzione e attività inconscia, Jung precisa: " senza voler affermare con ciò che essa debba essere inconscia a se stessa... i processi inconsci... non sono affatto inferiori, quanto a finezza, ai processi coscienti, anzi, non di rado superano considerevolmente l'intelligenza cosciente " (Carl Gustav Jung "Spirito e vita" 1926 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. VIII edizione Boringhieri, Torino, 1983 p 359)
Può accadere che " lo spirito, sul piano psicologico, si presenta come un essere personale, di chiarezza talora visionaria. Nel dogma cristiano è addirittura la terza persona della Trinità...lo spirito...dispiega una caratteristica vita indipendente, che è sentita come quella di un essere indipendente da noi...se la sua idea o il suo principio diventano imperscrutabili, se le sue origini e i suoi scopi si fanno oscuri e tuttavia si impongono coattivamente, allora necessariamente lo si avverte come un essere autonomo...e la sua natura imperscrutabile e superiore non è più esprimibile con i concetti dell'intelletto umano.
La nostra capacità di espressione cerca allora altri mezzi e crea un simbolo... l'esempio migliore più vicino a noi è l'efficacia storicamente stabilita e ben individuale dei simboli cristiani. Se osserviamo, liberi da pregiudizi, l'azione del primitivo spirito cristiano sulle menti di modesti e mediocri uomini del secondo secolo, rimaniamo stupiti. Ma questo spirito era creatore come nessun altro mai. Non fa meraviglia, quindi, ch'esso sia stato avvertito come uno spirito di divina superiorità " (Carl Gustav Jung "Spirito e vita" 1926 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. VIII edizione Boringhieri, Torino, 1983 pp 360 - 361).
Nel complesso, Jung riteneva che alla base dei simboli e delle immagini delle religioni di tutti i tempi, vi fossero gli Archetipi dell'Inconscio collettivo, così come per le leggende e i miti " è così che sorgono i miti " (Carl Gustav Jung "Energetica psichica" 1928 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. VIII edizione Boringhieri, Torino, 1983 p 47).
Per Jung l'inconscio Collettivo " conosce l'uomo come e sempre stato, non come è in questo momento lo conosce come mito " (Carl Gustav Jung "Sull'inconscio" 1918 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. X tomo primo, edizione Boringhieri, Torino, 1985 p 9).
E il pensiero mitico ha un ruolo fondamentale per lo sviluppo della funzione religiosa dell'anima,a partire dalla infanzia.

III) Terzo Interrogativo:
Per Jung Dio è solo una Immagine Archetipica dell'Inconscio Collettivo? È semplicemente un prodotto della psiche, seppure di un livello più nobile e profondo rispetto alla coscienza?

In effetti alcuni teologi lo accusarono proprio di questa " riduzione " di Dio a prodotto psichico. In realtà Jung era ben lungi da fare affermazioni di questo tipo.
Egli applicava ai suoi studi la Teoria della Conoscenza di Kant, ampiamente condivisa dalla comunità scientifica moderna e contemporanea; tale teoria sostiene che l'uomo è in grado di conoscere solo i fenomeni, ma non " l'in se " degli oggetti e cioè la loro più intima essenza.
Quest'ultima si colloca oltre i confini entro i quali all'uomo è possibile fare esperienza.
E del " Fenomeno ", da contrapporre all'inaccessibile " Noumeno ", l'essere umano può cogliere solo quegli aspetti che gli consente di percepire e " leggere " il suo apparato sensoriale.
A partire da queste basi epistemologiche, Jung rispose a tali critiche, precisando che quando parlava di Imago Dei si riferiva ad un fenomeno psichico e cioè ad una immagine della psiche, senza poter dire nulla circa il noumeno corrispondente, la cui eventuale natura metafisica era un argomento che esulava dalle possibilità delle indagini scientifiche psicologiche.
ln definitiva Jung ritiene che le Immagini Archetipiche di carattere divino sono fenomeni psichici sulla cui eventuale corrispondenza con il Dio della Fede, con il Dio metafisico, non può ne affermare ne escludere alcunché.Tali tematiche esulano, infatti, dalle possibilità di indagine e ricerca delle scienze medico-psicologiche.

IV) Quarto Interrogativo:

La immagine simbolica archetipica dell'Imago Dei, si manifesta in tutti i soggetti e in modo sostanzialmente simile?
L' Archetipo è solo una " possibilità di rappresentazione ", può rimanere tale o esprimersi in una molteplicità di immagini simboliche, il cui numinosum e le cui caratteristiche possono variare, sia qualitativamente che quantitativamente, da soggetto a soggetto.
Vi sono infatti persone che nel loro modus vivendi non testimoniano una particolare sensibilità religiosa, mostrando un atteggiamento di sostanziale distacco, se non indifferenza o avversione.
Per altri, invece, l'esperienza religiosa è più sentita, fino a casi in cui costituisce la radice della propria esistenza o una delle principale espressioni della propria personalità.
Per altri un intimo contatto con l'Imago Dei può essere fonte di arricchimento e di allargamento dei propri confini spirituali, oppure perdita degli stessi od occasione di forte disorientamento.
Molto dipende anche dall'atteggiamento cosciente, che può essere più o meno disposto ad "accogliere " queste immagini e la sfida e la provocazione che portano con se, oppure venirne travolto, gioco forza, nonostante le migliori intenzioni.
C'è una sostanziale differenza ad es. tra un delirio mistico, in cui l'Io perde la propria capacità critica e di giudizio, e una esperienza mistica, dove l'Io resiste alla prova e si apre a nuove e insperate prospettive.
E che dire di chi, turbato o spaventato da tali immagini, preferisce sfuggirle? La qual cosa non è poi facile come si pensi, come ci ricorda Giona, profeta suo malgrado!
Jung riteneva che manifestazioni elettive dell' Archetipo dell'Imago Dei si erano espresse nella esperienza dei Profeti dell'Antico Testamento: scrive Jung:
" Elia è un archetipo vivente. In psicologia lo definiamo un archetipo costellato, cioè un archetipo più o meno attivo... " (Carl Gustav Jung "Lettera a Padre Bruno" 1956 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. XVIII edizione Boringhieri, Torino, 1993 p 365)
Jung riteneva che l' Archetipo più importante dell'Inconscio Collettivo fosse il " Se ", che considerava
" il nostro più intimo centro e la nostra periferia, la nostra scintilla e il nostro punctum solis... esso è l'archetipo dell'ordine e...la fonte della vita " (Carl Gustav Jung "Jung e la fede religiosa" 1958 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. XVIII edizione Boringhieri, Torino, 1993 p 415)
e " il sé aveva fatto la sua comparsa nelle vesti di un determinato uomo Gesù di Nazaret "
(Carl Gustav Jung "La risurrezione" 1954 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. XVIII edizione Boringhieri, Torino, 1993 p 382)
Quindi l'Archetipo dell'Imago Dei era essenzialmente riconducibile all'Archetipo del Se che poteva perfino elevarsi da un livello simbolico a quello della vita, e " incarnarsi " in una persona!
Altre manifestazioni dell'Archetipo dell'Imago Dei erano per Jung " il mandala... l'Atman personale e sovrapersonale " (Carl Gustav Jung "La risurrezione" 1954 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. XVIII edizione Boringhieri, Torino, 1993 p 382), aspetti mirabili delle filosofie e religioni orientali.

V) Quinto Interrogativo:
Che rapporti vi sono tra l'Imago Dei e le Immagini Paterna e Materna in Jung?

Freud riteneva che il simbolo divino scaturiva da una proiezione, individuale e collettiva, di una immagine paterna e, in parte anche materna, idealizzata, che si formava nell'inconscio personale di ciascuno di noi; questa proiezione nasceva essenzialmente dal desiderio inconscio, tipico dell'essere umano, di una risposta rassicurante di fronte ai terribili interrogativi dell'esistenza; il senso della vita, del male e della sofferenza, il mistero della morte ecc.
L'essere umano:
" Quando... riconosce il suo reale abbandono e la sua debolezza di fronte alle grandi potenze della vita, percepisce la propria situazione in modo simile a come la percepiva nell'infanzia e tenta di negarne la desolazione con un ripristino regressivo delle potenze protettive dell'infanzia stessa... il Dio onnipotente e giusto, la natura benigna ci appaiono come grandiose sublimazioni del padre e della madre...come repliche e integrazioni delle immagini, che il piccolo ha di entrambi... il Dio personale non è altro, psicologicamente, che un padre innalzato "
Sigmund Freud "Un ricordo dell'infanzia di Leonardo da Vinci" 1910 in Opere di Sigmund Freud Vol. VI edizione Boringhieri, Torino, 19 pp 262 - 263)
Jung non esclude che anche l'inconscio personale possa concorrere a plasmare l'idea di Dio e l'esperienza religiosa dell'individuo, ma riconosce alla Imago Dei un nucleo essenziale archetipico, che si situa e si origina nell'Inconscio Collettivo. Ritiene però che vi possa essere una reciproca influenza e continuità tra l'immagine archetipica divina e quella paterna e materna. Infatti, oltre all'Archetipo dell'Imago Dei (o Archetipo del Se), Jung aveva descritto la fenomenologia di altre Immagini Archetipiche: il Padre, la Madre, l'Ego, 1'Ombra, la Persona, l'Anima l'Animus, il Fanciullo, il Vecchio Saggio, lo Spirito, l'Eroe ed altre ancora, di cui non è possibile occuparsi in questa occasione. E' importante sottolineare ancora che le Immagini Archetipiche, i Simboli Archetipici richiedono, per potersi manifestare, esprimere ed essere apportatrici di nuovi e più pregnanti livelli di consapevolezza, della presenza di una coscienza recettiva e disponibile all'ascolto e al cambiamento. Ritornando a questi punti di contatto tra archetipi paterno e materno e dell'imago dei, scrive Jung:
" Nella maggior parte delle religioni esistenti sembra che il fattore formativo sia costituito dalla imago paterna, e nelle religioni più antiche dalla imago materna: entrambe condizionano gli attributi della divinità " (Carl Gustav Jung "L'inno al creatore" 1952 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. V edizione Boringhieri, Torino, 1984 p 68); e le modalità con cui l'uomo ha rappresentato e descritto l'imago dei sono " così antiche che non è dato di sapere con esattezza se siano esse a derivare da un'imago paterna o viceversa (lo stesso può dirsi della imago materna " (Carl Gustav Jung "L'inno al creatore" 1952 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. V edizione Boringhieri, Torino, 1984 p 71).
Nel complesso, Jung rimane su una posizione di cautela, e, pur proponendo una descrizione particolareggiata della fenomenologia di tali immagini archetipiche, non esclude reciproche influenze e confluenze.

VI) Sesto Interrogativo:
L'Immagine Divina che emerge dalle ricerche e dalle congetture di Jung è la stessa proposta dal Cristianesimo?

Jung si discosta notevolmente dalla idea cristiana di un Dio amorevole e salvifico.
Egli ammette che l'incontro tra l'Imago Dei (o Se) possa condurre la coscienza, recettiva e sensibile, ad una autentica " Salvezza ", nel senso:
- di un ampliamento e di un arricchimento della propria consapevolezza
- della manifestazione/rivelazione di un livello psichico oggettivo (l'Inconscio Collettivo col suo portato di saggezza sovrastorica e universale), capace di donare profondità di senso e significato alla propria avventura umana e su cui la psiche soggettiva trova la sua matrice e mette radici
- della capacità e possibilità di trovare una giusta dimensione nel mondo e nella propria realtà esterna (= adattamento), nel pieno rispetto della proprio mondo interiore, sensibilità e potenzialità (= individuazione)
- della certezza circa l'esistenza di una matrice psichica spirituale dell'uomo, che affonda le sue radici nella notte dei tempi e che non è compromessa dalla morte dei singoli esseri umani, donando così speranza al cuore e l'anima, che intravedono la possibilità di una continuità psichica e spirituale, che va oltre la propria limitata dimensione soggettiva. Ma, come già illustrato nella discussione del primo interrogativo, l'incontro tra Immagine Archetipica e Coscienza non è affatto scontato, essendovi la possibilità che il carattere autonomo e la numinosità dell'Immagine stessa, possano soggiogare la Coscienza, che può rimanerne influenzata e profondamente disorientata, financo a restarne, in alcune occasioni travolta, percorrendo così una via oscura dal difficile ritorno.
Scrive Jung: " Gli spiriti sono molti, luminosi e tenebrosi... abbiamo infatti troppi esempi di casi dove uno spirito prende talmente possesso dell'uomo, che non vive più l'uomo, ma solo lo spirito, e non nel senso di una vita per l'uomo più ricca e completa, ma in maniera contraria alla vita " (Carl Gustav Jung "Spiroto e vita" 1926 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. VIII edizione Boringhieri, Torino, 1983 p 360);" L'inconscio (collettivo) è ambivalente: può produrre effetti sia buoni che cattivi. Così anche l'immagine di Dio ha due aspetti, come YHWH o il Dio di Clemente Romano, che ha due mani: la destra è il Cristo, e la sinistra è Satana, e con queste due mani egli regge il mondo. Nicolò Cusano definisce Dio una complexio oppositorum...l'inconscio, al pari di Dio, ha due aspetti uno è buono e propizio, l'altro cattivo, malevolo, disastroso. L'inconscio è la diretta sorgente di tutte le nostre esperienze religiose (Carl Gustav Jung "Lettera al pastore W.Lachat" 1955 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. XVIII edizione Boringhieri, Torino, 1993 pp 370 - 371;)
Una immagine archetipica divina può anche essere
" una presenza immediata, spesso terrificante, e per nulla soggetta al nostro arbitrio; non c'è alcuna garanzia che non possa anche essere il diavolo, come accadde a Ignazio di Loyola nella sua visione del serpens oculatus, che egli interpretò come Cristo o Dio e poi come diavolo "(Carl Gustav Jung Titolo 19.. in Opere di Carl Gustav Jung Vol. XVIII edizione Boringhieri, Torino, 19 p (Carl Gustav Jung "Lettera al pastore W.Lachat" 1955 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. XVIII edizione Boringhieri, Torino, 1993 p 370);
Si profila così in Jung un punto di vista che prospetta la presenza di una Imago Dei " positiva " e di una Imago Dei " negativa ": fonte di salvezza l'una, fonte di distruzione l'altra; nel complesso, emerge una idea di Dio che presenta un duplice aspetto, l'uno amorevole e l'altro terrifico.
Questa visione di una doppia polarità positivo/negativo coinvolge ciascuno degli Archetipi sopra Indicati (paterno positivo e negativo, materno positivo e negativo, spirito 1uminoso e tenebroso ecc.) Sta alla coscienza e alla sua capacità di ascolto, partecipazione e preparazione, porre le basi migliori per un incontro il più possibile fecondo e costruttivo con le immagini archetipiche, incontro che si trasformi in sorgente di vita e di salvezza, avendo cura, nel contempo, di contenere e proteggersi il più possibile dal lato potenzialmente caotico e devastante dell'inconscio collettivo, il " Leviatan " psichico, che, nella migliore delle ipotesi, giace silente nelle profondità abissali e insondabili dell'anima, oltre ogni volere potere della coscienza.

Il Sogno di Giacobbe e un’Interpretazione Archetipica

In Genesi 28, 10-22, è riportato il sogno che offre spunti interessanti per confrontarsi con i concetti proposti da Jung. Il Signore che parla a Giacobbe si può considerare una delle modalità di manifestazione fenomenica dell' Archetipo del Se.
Si noti come sono evidenti le 3 caratteristiche dell'immagine archetipica:
1) il carattere inconscio:
Giacobbe è in viaggio per raggiungere Làbano, con l'intento di prendere moglie e di sottrasi alla vendetta di Esaù; non vi è alcun elemento di particolare religiosità nel viaggio che si accinge a compiere, anzi, le sue preoccupazioni e i suoi obbiettivi sono fin troppo concreti: trovare moglie, sottrarsi all'ira del fratello. Non vi è nulla che lasci presagire eventi di carattere sacro e divino.
Anche la benedizione del padre Isacco era improntata ad una realizzazione individuale e terrena: "Dio ti conceda rugiada dal cielo e terre grasse e abbondanza di frumento e mosto, ti servano i popoli e si prostrino davanti a te le genti" (Gn 27, 27-29). È palese che l'Imago Dei che gli si rivela in sogno proviene dal di fuori della sua Coscienza e delle sue pregresse esperienze personali, originandosi cosi non dall'Inconscio personale, ma da quello Collettivo.
2) l'autonomia:
l'Imago Dei si rivolge a Giacobbe in modo completamente autonomo e personificato, con una autorevolezza e una grandezza che sono ben lontane dal livello e dalle esperienze del giovane Giacobbe, costretto a comportarsi come un profugo che deve abbandonare in fretta, e a tempo indeterminato, la sua casa.
3) la numinosità:
è " un'essenza, o energia dinamica non originata da un atto arbitrario della volontà. Al contrario questa afferra e domina il soggetto..."(Opere Vol. 11 p. 17), si osservi in proposito come l'Imago Dei riveli a Giacobbe un cambiamento radicale della sua esistenza, che da individuale diviene collettiva, con la promessa della terra su cui si è coricato e di una numerosa discendenza ed anche il carattere in qualche modo di afferramento e di dominio sulla vita di i Giacobbe, di cui il Signore si permette di disporre non solo in un modo mediato dalla proposta di un’alleanza: " io sarò con te e ti proteggerò dovuque tu andrai...", ma anche in maniera perentoria e diretta: " poi ti farò ritornare in questo paese..."
L’ulteriore carattere del numonisum, e cioè la sua intensità ed estraneità, è tutta testimoniata dallo sgomento e dalla profonda reazione emotiva di Giacobbe: " Quando è terribile questo luogo! Questa è proprio la casa di Dio, la porta del cielo ".